
Salvatore Garau e la sua opera invisibile
Lo strano caso dell'opera venduta all’asta nel 2021 che ha acceso il dibattito sul valore dell’arte immateriale, tra provocazione, filosofia e mercato.
Immaginate di entrare in una galleria, avvicinarvi a un piedistallo vuoto e scoprire che l'opera esposta è proprio quella. No, non si tratta di uno scherzo, ma di "Io Sono", una scultura invisibile dell’artista Salvatore Garau che nel maggio 2021 è stata venduta all'asta per 15.000 euro (partendo da una stima di 6.000-9.000 €). Inutile dire che il lavoro ha scatenato un acceso dibattito sul significato dell'arte e sul valore attribuito, ponendo al centro della discussione un quesito fondamentale: che cos'è davvero un'opera d'arte?
La creatività, soprattutto quella concettuale, si basa sull'idea che non sia necessariamente l'oggetto in sé a definire il valore o il significato quanto l'interazione tra il medesimo e chi lo osserva, dando vita ogni volta a una relazione dinamica e unica. L’opera diventa così il punto d'incontro tra le intenzioni dell'artista e l'esperienza personale del pubblico: in questo rapporto risiede la sua vera essenza.
Ma chi è l’artista che ha portato alle luci della ribalta tale concetto in una maniera che molti non hanno avuto remore a definire provocatoria?
Salvatore Garau, nato a Santa Giusta in Sardegna nel 1953, ha cominciato la carriera artistica come batterista della band rock progressive Stormy Six prima di dedicarsi completamente alla pittura e al concettuale. La formazione presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze e le esperienze musicali hanno influenzato profondamente la sua visione creativa, portandolo a esplorare temi come l'assenza, il vuoto e l'immateriale. Garau concepisce l'arte non come semplice rappresentazione, ma come stimolo alla riflessione e all'interrogazione continua della realtà che ci circonda. "Io Sono" è forse l'opera più discussa e iconica dell'artista. Venduta all'asta da Art-Rite a Milano nel 2021, consiste in uno spazio vuoto di 150x150 cm, accompagnato da un certificato di autenticità e precise istruzioni su come "esporla": in un ambiente libero da ostacoli, privo di qualsiasi oggetto che possa interferire con la percezione del vuoto. Garau stesso ha dichiarato che il lavoro esprime un "vuoto pieno di energia", una concezione che richiama la fisica quantistica e la filosofia orientale dove il nulla è potenziale puro e origine di ogni cosa.
L'acquirente dell'opera, rimasto anonimo, ha comprato in realtà una possibilità: il privilegio di immaginare, interpretare e dare vita a una scultura nella sua mente e nel proprio spazio. Insomma arte “concettuale” pura, che sfida la tradizionale idea di creatività come oggetto fisico da ammirare, spostando invece l'attenzione sul pensiero, sulla percezione e sull’esperienza.
Come già anticipato, le reazioni alla vendita di "Io Sono" sono state inevitabilmente polemiche. Molti l'hanno considerata una trovata pubblicitaria, una provocazione destinata a svanire. Altri, invece, hanno colto la profondità della riflessione proposta da Garau, vedendovi un invito a ripensare il valore che attribuiamo alle cose che non vediamo, ma che comunque percepiamo e viviamo intensamente. In fondo non è forse vero che l'arte, come l'amore o i ricordi, può essere sentita anche in assenza di forme tangibili?
"Io Sono" non è però un caso isolato nella produzione dell’artista sardo. Garau ha realizzato altre opere immateriali, come "Buddha in contemplazione" o "Afrodite piange": installazioni segnalate solo da semplici delimitazioni o indicazioni sul terreno. Questi lavori spingono lo spettatore a diventare parte integrante dell’opera, a completarla con l’immaginazione, con il proprio vissuto, attribuendo così un significato personale e irripetibile.

In un mondo in cui l'arte rischia di ridursi a puro investimento economico, Garau ci ricorda che i lavori prendono vita solo grazie al pubblico che li osserva, che li sente e che ne discute. Dunque il significato non risiede nella mente dell’artista o nell’oggetto fisico esposto, ma prende forma nel dialogo. "Io Sono" rappresenta un invito audace a guardare oltre l'apparenza, a sentire più che vedere, riconoscendo che spesso ciò che non possiamo toccare può lasciare un’impronta profonda nella memoria e nel cuore.
Immagine di copertina: Salvatore Garau, Sardegna, 2018
Personalità radio televisiva, digital content creator, scrittrice per diverse testate e autrice del volume “Arte Queer. Corpi, segni, storie” edito da Rizzoli, Elisabetta Roncati ha deciso di unire formazione universitaria economica/manageriale e passione per la cultura con un unico obbiettivo: avvicinare le persone all’arte in maniera chiara, facilmente comprensibile e professionale. Interessata a ogni forma di espressione artistica e culturale, contemporanea e non, ha due grandi passioni: l’arte extra-europea e i diritti civili. Nel 2018 ha fondato il marchio registrato Art Nomade Milan con cui si occupa di divulgazione digitale sui principali social media (Instagram e Tik Tok @artnomademilan).